In
mancanza dell'esperienza diretta, o per il fatto di non aver
sostenuto studi specifici, spesso ci troviamo ad assumere un luogo
comune come verità, anche se talvolta il luogo comune può essere
inesatto.
La
domanda che da titolo al post è una domanda ricorrente che le
persone ci rivolgono quando ci incrociano per la strada insieme a
Toni e Aurora Alba. È una domanda che il più delle volte ci viene
rivolta con simpatia e gentilezza e alla quale non ci sottraiamo mai
di rispondere in modo razionale.
Ma
fino dove è in grado di condurci il nostro raziocinio?
Quale
è la verità che siamo in grado di testimoniare?
Toni
è un asino maschio (castrato) che quest'anno compie 10 anni. Aurora
Alba è più giovane di 2 anni. Toni è nato e cresciuto fra i
cavalli, in un grande allevamento del Nord Italia, Aurora Alba invece
è nata e cresciuta nell'azienda agrituristica Montebaducco, in
provincia di Reggio Emilia, il più grande allevamento d'asini
d'Europa dove si produce il latte di asina.
Si
sono incontrati per la prima volta il 2 aprile del 2014, nella
fattoria di A Passo Lento, in provincia di Padova. Ricordo che
Massimo Baccarin e Jessika Labrador li inserirono in un piccolo
branco formato sul momento con alcuni dei loro asini, fra i quali
anche uno stallone, Nerone. Non starò a raccontare tutte le
dinamiche che accaddero nel breve tempo di socializzazione ma una
cosa la devo sottolineare: Aurora Alba si è subito francobollata a
Toni e fin da quel primo giorno insieme in un branco, sono diventati
inseparabili.
Tutto
questo per dire che Toni e Aurora Alba sono due asini molto affiatati
ma hanno pochissime cose in comune, per essere comprensibili, senza
scendere in dettagli, possiamo dire che hanno due caratteri molto
diversi.
Tuttavia,
per rispondere alla domanda :”ma è vero che gli asini sono
testardi?” mi faccio aiutare anche questa volta dalle letture che
mi sono venute incontro negli ultimi mesi. Ho già fatto riferimento
nel post del 21 marzo al libro “Siamo così intelligenti da
capire l'intelligenza degli animali?” scritto
da Frans de Waal, edito da Raffaello Cortina Editore
ora
gli affianco, in una sorta di lettura comparata, il libro scritto da
Marco Baston “LA SOGLIA DELL'ENERGIA – Oltre la
Tensegrità: lo Sciamanesimo Tolteco nella pratica quotidiana”
, edito da BioGuida Edizioni.
Il
libro di Marco Baston è un manuale delle tecniche dei Toltechi, una
raccolta di pratiche “Nagualistiche” che l'autore ci offre
generosamente.
Il
Nagualismo pone le sue basi sul principio che l'universo sia un
insieme di campi di energia, percepibile direttamente da noi tutti,
quando oltrepassiamo i limiti imposti dall'interpretazione. I
Toltechi svilupparono le tecniche per liberarsi da tali limiti, per
consentire di riappropriarci di quanto più profondo ci appartiene:
la totalità del sé. L'obiettivo dei loro sforzi è stato duplice:
permettere il ricordo della propria natura energetica e utilizzare
pragmaticamente la nuova visione della realtà.
Frans
de Waal, dal canto suo, a chiusa del suo libro scrive:
Lo
studio del comportamento animale è fra gli sforzi più antichi
compiuti dall'uomo per capire il suo mondo. In quanto
cacciatori-raccoglitori, i nostri avi avevano bisogno di conoscere in
modo approfondito la flora e la fauna, comprese le abitudini delle
loro prede. I cacciatori esercitavano un controllo minimo:
prevedevano le mosse degli animali e restavano impressionati dalla
loro astuzia quando riuscivano a sottrarsi alla caccia. Dovevano
anche guardarsi a loro volta le spalle da predatori interessati a dar
loro la caccia. A quell'epoca le relazioni fra uomo e animale erano
abbastanza paritarie. Una conoscenza più pratica si rese necessaria
quando i nostri antenati cominciarono a praticare l'agricoltura e ad
addomesticare gli animali per ricavarne cibo e forza-lavoro. Gli
animali divennero allora dipendenti da noi e soggetti alla nostra
volontà. Invece di anticipare le loro mosse, cominciammo a
sottometterli, mentre i nostri libri sacri parlavano del nostro
dominio sulla natura. Entrambi questi atteggiamenti radicalmente
differenti – quello dei cacciatori e quello degli agricoltori –
sono riconoscibili nello studio della cognizione animale oggi. A
volte vigiliamo su ciò che gli animali fanno di propria iniziativa,
mentre altre volte li mettiamo in situazioni in cui possono fare ben
poche cose oltre a ciò che noi vogliamo che facciano.
Con
l'ascesa di un orientamento meno antropocentrico, tuttavia, il
secondo approccio potrebbe essere in declino, o se non altro si
potrebbero ottenere dei gradi significativi di libertà. Agli animali
dovrebbe essere data l'occasione di esprimere il proprio
comportamento naturale. Adesso stiamo sviluppando un maggiore
interesse per i loro variabili stili di vita. La nostra sfida
consiste nel pensare in maniera più simile a loro, così da aprire
la nostra mente alle loro condizioni e ai loro obiettivi specifici,
osservarli e capirli nei loro propri termini. Stiamo tornando ai
nostri antichi comportamenti di caccia, anche se nel modo in cui si
basa sull'istinto di caccia di un fotografo di animali selvatici: non
per uccidere bensì per rivelare. Oggi gli esperimenti ruotano spesso
intorno al comportamento naturale, dal corteggiamento alla ricerca di
cibo agli atteggiamenti prosociali. Cerchiamo nei nostri studi una
validità ecologica, e seguiamo il consiglio di Uexküll, di Lorenz e
di Imanishi, che hanno incoraggiato l'uso dell'empatia umana come via
per capire altre specie. Invece di fare dell'umanità la misura di
tutte le cose, dobbiamo valutare le altre specie per ciò che esse
sono. Così facendo, sono sicuro che scopriremo
molte fonti magiche, comprese alcune che sono ancora al di là della
nostra immaginazione.
Entrambi
gli autori ci conducono di fronte ai limiti della logica e ci
suggeriscono esperienze che possono permetterci di valicarli.
Per questo
li ringrazio e da entrambi rincuorato ed incoraggiato provo a
scrivere una risposta plausibile:
se
un giorno, all'ora dell'imbrunire, sulla riva erbosa di un lago, mi
dovessi ritrovare a parlare con Toni e lui mi dicesse
:”Vedo
tanti uomini venirci incontro lungo la strada, guardano verso di me,
li faccio sorridere. Poi si rivolgono a te e fra le altre cose ti
domandano se sono testardo. Non ti ho ancora sentito pronunciare una
risposta convincente a proposito, dimmi la verità, pensi anche tu
ch'io sia testardo?”
io
gli risponderei
:”No
Toni, non lo penso.
Penso
che fra di noi la comunanza sensoriale è così improbabile che ci
permette di compensare a vicenda le nostre lacune nel variegato
habitat in cui conviviamo. I mezzi meccanici, le auto, gli autobus
non ti spaventano, ma io so quanto possono essere pericolosi e per
questo motivo, quando li incrociamo, ti sospingo a debita distanza,
allo stesso modo io non ho paura di camminare su un ponte di legno,
ma tu sai quanto può essere pericoloso attraversare il vuoto e mi
inviti a fermarci. Questa premura vicendevole rispetto ai rischi che
incontriamo giorno dopo giorno ci permette di convivere in armonia
anche attraverso territori sconosciuti.
Come
vedono i tuoi occhi questo mondo, come lo percepiscono le tue
orecchie, come lo distingue il tuo olfatto, io questo lo ignoro e non
posso fare altro che rispettare le tue scelte. Durante il cammino ho
lasciato che scegliessi tu la strada qualche volta, perché era così
limpida e fatale la tua decisione, e insieme abbiamo camminato bene,
anche su sentieri e strade davvero difficili.
Ma
in realtà ho quasi sempre deciso io dove andare, perché io mi sono
assunto la responsabilità per l'incolumità del nostro caravan
camminante.
Secondo
il punto di vista razionale ho deciso io di compiere questo cammino,
e in questo mio cammino ho coinvolto te.
Ma
sono davvero io a decidere sopra a ogni cosa?
Quando
attraversiamo le strade di un nuovo paese la gente ci viene incontro,
vedo come ti guardano, i loro occhi sono solo per te, sono davvero
curiosi, si avvicinano a noi solo perché ci sei tu. Se fossi da solo
con il mio zaino nessuno mi prenderebbe in considerazione. Invece tu
li attiri a te, qualcuno prova ad accarezzarti, ma se non sono
bambini difficilmente ti lasci avvicinare. Eppure, nonostante il tuo
rifiuto, ti sorridono e si rivolgono a me con spontanea gentilezza,
perché io che cammino insieme a te, sono un uomo buono.
Pietro
Zeno